Oggi è la giornata dell’imprenditore, mi viene da sorridere perché chi è imprenditore sa che ogni giorno, per 365 giorni all’anno, è la giornata di noi imprenditori.
Si nasce con lo spirito imprenditoriale e lo si diventa sudando, un po’ imprecando, sbagliando e auto correggendosi; qualcuno fa persino l’università, come la sottoscritta che ha studiato economia, altri frequentano la facoltà di comunicazione, tanti giovani d’oggi si specializzano nel marketing.
Eppure è sempre la scuola dell’esperienza che ti insegna ad essere un imprenditore, farsi anche un bagno di umiltà iscrivendosi a qualche corso di formazione personale aiuta.
I ragazzi che lavorano per me mi hanno chiesto di scrivere quest’articolo da pubblicare qui nel blog gestito autonomamente da loro – essere imprenditori significa anche dare fiducia a chi lavora per te, prima formandoli ovviamente – mi hanno pure fatto un audio per aiutarmi suggerendomi che oggi solo il 21% delle donne italiane è un imprenditore, o dovrei scrivere imprenditrice; “impresa e azienda” sono nomi al femminile, eppure si parla sempre di imprenditori al maschile, perché? Non la so la motivazione, ma non voglio dargli tanta importanza, preferisco concentrarmi sul lavoro e sul creare opportunità, questo fa un’imprenditrice.
Quello che so è di esser nata in un paese libero dove l’istruzione è garantita a tutti, dove tutti possono andare dal notaio e aprire la propria società, dove puoi lavorare e avere uno stipendio, dove paghi le tasse -uomo o donna che tu sia.
Ho faticato per essere dove sono? si certo, se fosse facile non si chiamerebbe impresa; ho faticato forse più di un maschio? No, noi femmine siamo troppo forti per lamentarci per un po’ di sudore e se chiediamo rispetto lo abbiamo, oggi in Italia.
Lavorare con imprenditori uomini nel 2021 non è più come negli anni 60’, è nostro dovere onorare chi ha lottato per noi e ottenuto pari diritti per tutte noi. E con questo paragrafo vorrei chiudere l’argomento femminismo.
Giornata dell’imprenditore: cosa vuol dire essere imprenditrice?
Essere a capo, dove per capo intendo la testa, dell’azienda in cui sono non è accaduto per caso, l’ho fatto accadere: anni fa si è creato un enorme vuoto di mercato, la laurea in economia mi ha aiutata a prevederlo, e mi ci sono buttata con coraggio e tanta voglia di non risparmiarmi, ho incontrato altri due imprenditori con più esperienza di me in questa fetta di mercato e facendo forza sui nostri differenti background abbiamo fondato Brave Solutions la digital social e web art italiana.
Il settore digitale mi permette di essere trasversale: stare in mezzo a tanti imprenditori per guidarli nella comunicazione, per alcuni il web è un nuovo mondo dove avere la possibilità di collocarsi nella giusta maniera li riempie di nuovi clienti; in fondo è questo che serve alle aziende per andare avanti.
Lavorare in testa all’agenzia mi tiene vigile e attenta a ciò che succede nell’universo giovanile che, non avendo più io vent’anni, per me stava diventando troppo lontano; perdere il contatto con la realtà non va mai bene.
Essere un’imprenditrice, oggi, significa stare dentro all’innovazione: il settore webart è stato per me la grande opportunità di crescere.
Essere l’anima della tua azienda vuole dire avere la piena consapevolezza che tutto è un lungo percorso cominciato da quando si è bambini, a patto che ci si lasci guidare dal proprio spirito imprenditoriale.
Alzare l’asticella a tutti i costi ed evolversi
Crescere in azienda significa partire dal basso: in Brianza, dove sono cresciuta, si dice che il capo tira su la serranda ed è l’ultimo ad andare via, il primo giorno di ferie si pensa con nostalgia alla fabbrica chiusa e vuota.
Ai diversi corsi di formazione personale ho sentito dire che la tua impresa è come il tuo baby ci cui occuparsi, e allora non è più un semplice lavoro è orgoglio è un qualcosa che fa parte di te.
Uno dei miei ragazzi mi ha ingenuamente chiesto: ”Ma non stacchi mai?”, ho pensato a come rispondere e mi sono domandata come mai, a volte, noi imprenditori ci vedano come una specie di razza a se stante, stacanovisti, cattivi, approfittatori, furbastri, vecchi strascichi di un Italia comunista.
Eppure siamo meravigliosi nel nostro pensare alle soluzioni sempre, nel nostro volere a tutti i costi alzare l’asticella, nel nostro arrabbiarci se qualcuno dei nostri dipendenti tralascia un dettaglio, perché è la cura di ogni singolo cliente che ci mette la pagnotta sul tavolo, nel nostro sognare talmente in grande da auto spaventarci di fronte a cotanto coraggio e si va avanti, anzi avanti tutta come dice uno dei miei più cari clienti che guarda caso è un grandissimo imprenditore e guida per diverse aziende.
Cosa deve saper fare un imprenditore?
La testa comanda tutta la baracca perché sa come si scarica un camion, perché sa gestire il magazzino, perché conosce i nomi dei figli di tutti quelli che lavorano in amministrazione, perché studia i mercati, perché cerca nuove risorse per essere sempre innovativa, ..insomma perché ha mandato in giù tanta …sapete cosa.. e perché si è sporcata le mani con il sacrificio del fare e non solo del parlare. Per comandare bisogna prima sapere fare e avere fatto.
L’imprenditore sa scendere a patti, accordi che a volte a breve termine possono sembrare sfavorevoli, ma che a lungo termine si rivelano essere stati compromessi vincenti; questo accade quando si è seguito il proprio istinto e il proprio cuore andando, a volte, apparentemente contro tutto e contro tutti. Se un imprenditore fosse come tutti non aprirebbe società.
Sicuramente si fa festa ad ogni piccola e grande conquista perché quando te lo sei meritato, in un’Italia che non sempre ci vede di buon occhio, è una liberazione stappare una bottiglia e godersi la gioia della vittoria con amici colleghi e dipendenti.
Ma ciò che rende l’ imprenditrice degna o degno di questo nome è il fatto che supporta i sogni dei suoi dipendenti, dei suoi amici e della sua famiglia e della società per il bene comune.. l’imprenditoria è bene comune per eccellenza.