Il 15 luglio si celebra la Giornata mondiale delle competenze dei giovani. Detta così, onestamente, sembra tanto come quelle giornate mondiali dal sapore un po’ “inutile” (mi si perdoni la franchezza), tipo quella dello yoga, dei legumi o degli asteroidi (sì, esistono tutte, andate a controllare).
Questa giornata però potrebbe e dovrebbe avere una certa importanza, vista soprattutto la situazione sociale recente.
Long short story (come si dice in inglese), ossia “per farla breve”, cos’è la World Youth Skills Day: è una giornata che, come dice lo stesso sito delle Nazioni Unite, serve per “celebrare l’importanza strategica di dotare i giovani di competenze per l’occupazione, il lavoro dignitoso e l’imprenditorialità”.
Suona un po’ meno inutile ora? Forse. Ma già sento in sottofondo i commenti dei boomers che partono con la cantilena “ai miei tempi…”. Ma i tempi sono cambiati e, mi permetto di dire, sono cambiati in peggio. Non lo dico solo perché questa è la mia percezione, ma perché lo dicono i dati. L’ultimo in ordine di tempo è quello della Federal Reserve (la banca centrale statunitense) che ha certificato come la generazione Millennials sia la più povera rispetto alle precedenti e come le prospettive della generazione Z non siano migliori.
Ci hanno (uso la prima persona plurale perché sono anche io un millennial) raccontato che la creazione dei contratti precari (i tempi determinati, i cocopro, i cococo, i contratti a chiamata, gli stagionali, ecc.) ci avrebbe permesso di cercare il lavoro dei nostri sogni e la paga dei nostri sogni, di poter cambiare, evolverci, migliorare. Insomma, ci hanno raccontato che la flessibilità sarebbe stata un’arma in mano a questa generazione la quale avrebbe potuto realizzare se stessa come mai era avvenuto prima.
Invece, qualche anno dopo, si scopre che le cose non vanno proprio così. I contratti precari sono funzionali principalmente a rendere ricattabili le “risorse umane”: o accetti queste condizioni (paga bassa, orari flessibili, diritti risicati) o ti mando via e trovo un’altra persona al posto tuo. Insomma, il gioco al ribasso. I risultati di queste politiche flessibili sono la povertà, la precarietà lavorativa, la precarietà sociale, le difficoltà ad uscire dalla casa dei genitori ed essere economicamente indipendenti, la difficoltà a far fronte alle spese della vita, l’impossibilità di pensare a progetti di vita (ad esempio la costruzione di un nucleo familiare) e così via. Tra i farmaci maggiormente venduti, soprattutto alle generazioni più giovani, ci sono gli ansiolitici. Non siamo diventati ansiosi senza motivo.
Giornata mondiale delle competenze dei giovani: il suo valore
Adesso, forse, una giornata del genere suona non solo utile ma addirittura fondamentale. L’educazione, aggiungo, è uno dei 17 obiettivi dell’agenda 2030 per la sostenibilità. Questo perché gli strumenti dati dall’istruzione aiutano a sfuggire la povertà. Parliamo anche di luoghi del mondo dove manca l’istruzione di base e dove si riscontrano forme di lavoro o schiavitù giovanile. Che la bassa istruzione e la povertà convivano non è un caso; d’altra parte, coloro che possiedono il capitale economico hanno accesso a percorsi di istruzione sempre migliori e questo consente loro di acquisire, per citare l’antropologo Pierre Bourdieu, capitale culturale, sociale e simbolico utile a mantenere la propria ricchezza e il proprio status.
Ragionare, confrontarsi e strutturare politiche sulle conoscenze da fornire ai giovani per approcciarsi al mondo del lavoro, dell’imprenditoria e, soprattutto, del lavoro dignitoso è una delle strade fondamentali per migliorare le condizioni future delle persone. Le spinte verso la digitalizzazione del lavoro comportano una serie di competenze che devono essere acquisite. Non parlo solo di competenze tecnologiche e dell’uso consapevole delle tecnologie. Mi riferisco anche a competenze sulle risorse necessarie a produrre e mantenere le tecnologie digitali, alle competenze sul diritto del lavoro e sui diritti dei lavoratori, alle competenze sulle dinamiche di potere, sull’iniquità e sugli strumenti per combatterla.
I giovani quindi non possono e non devono più campare di stereotipi quali “se vuoi, puoi”, oppure “basta crederci”, o “se non l’hai ottenuto è perché non ci hai creduto abbastanza”. Slogan vuoti che nascondono la realtà che non tutti possono aspirare al successo, alla fama e alla ricchezza a causa di condizioni ineguali. Questo tipo di ragionamento riportato sopra rischia solo di generare moltitudini di persone convinti di essere un fallimento, Questo spiega perché il numero di giovani che non lavorano e non studiano è in aumento.
I giovani, invece, di risorse, capacità e doti ne hanno tante. Riconoscere questo e dare loro le possibilità di acquisirne di nuove, di agirle, di sbagliare, di provare, di imparare significa creare un ambiente nel quale non si stabilisce una lotta tra le generazioni più vecchie, interessate a mantenere i loro privilegi, e le generazioni più giovani, interessate a levarglieli, ma piuttosto si crea un ambiente nel quale le vecchie generazioni accompagnano le nuove e lasciano loro il posto.
Un modo per farlo è sicuramente quello di pensare che i giovani siano il futuro e siano capaci di affrontare le difficoltà del presente (prima fra tutte i cambiamenti climatici) con uno sguardo nuovo. Sembra facile ma ricordo bene gli insulti e gli attacchi che sono piovuti ad esempio a Greta Thunberg. Altra necessità è quella di ridiscutere l’impianto dei rapporti sociali: è tempo di abbandonare le pratiche di sfruttamento delle risorse, siano essere naturali o umane, e costruire nuovi rapporti basati sul rispetto e la reciprocità.
L’ultima frase la voglio dedicare non a coloro che stanno mortificando queste generazioni o a coloro che non ne capiscono il valore, ma a tutte le persone che compongono queste nuove generazioni. Nel 1982, anno in cui nascevo, agli inizi quindi della generazione Y, i Clash pubblicavano il loro quinto album dal nome Combat Rock.
Sul retro della copertina si trovava una scritta; secondo me un monito da ricordare e fare proprio: “The future is unwritten. Know your rights.”