Con l’avvento e la costante crescita del mondo digitale la musica, come ogni altro media, ha dovuto adattarsi al cambiamento
A chi non piace ascoltare un po’ di musica quando lavora? Io personalmente lo trovo un buon modo per mantenere la concentrazione mentre sono davanti al computer: una buona playlist e un caffè possono davvero fare miracoli. Non si può certo dire però che la musica non sia enormemente cambiata da quando io ero un ragazzino… e non mi riferisco solo ai generi: sto parlando dell’intero media. Nel giro di un ventennio infatti siamo passati dai CD ai brani in streaming, in una trasformazione totale che ha abbracciato tanto i consumatori quanto i produttori. Non ci credete? Allora mettetevi comodi e lasciate che ve lo illustri.
Un po’ di storia
Per analizzare un po’ meglio la questione credo sia necessario partire dall’inizio: agli inizi degli anni 90′, agli albori dell’era digitale, se uno voleva ascoltare un po’ di musica doveva affidarsi a supporti come gli immortali vinili, le care, vecchie musicassette e i neo-arrivati CD. Proprio questi ultimi si stavano conquistando una sempre maggior fetta di mercato in quanto erano più comodi ed economici delle alternative, pur mantenendo una qualità audio superiore alla media.
Questa grande diffusione dei CD ebbe però un effetto imprevisto: l’enorme aumento della pirateria e l’ondata incontenibile di CD masterizzati che invase le strade, tanto che quasi tutti avevano più copie che originali nelle loro “collezioni” (è inutile che facciate quella faccia innocente, sappiamo tutti benissimo come stavano le cose). Parliamoci chiaro: la pirateria esisteva anche prima del digitale ma la qualità di questi falsi era a dir poco scadente. Con la possibilità di accedere a brani in versione digitale direttamente a partire dai CD, invece di dover ricorrere a metodi poco pratici per la registrazione, era possibile creare delle copie 1 a 1 degli originali senza alcuna perdita dal punto di vista acustico.
La trasformazione del 2000
Agli inizi del 2000 dunque il mercato della musica era in profonda crisi e, come se questo non fosse abbastanza, un altro stravolgimento si stagliava all’orizzonte: l’avvento dei lettori MP3 e dell’IPod. Questi piccoli oggetti, non più grandi di un palmo, cambiarono completamente le regole del gioco: grazie alla loro memoria interna infatti eliminarono del tutto la necessità di portarsi dietro supporti esterni quali CD e cassette. Ovviamente i primi a cogliere la novità furono come sempre i canali illegali e, nel giro di poco meno di un anno, in rete furono diffusi milioni di brani di qualsiasi genere, alcuni addirittura prima della data di uscita ufficiale.
Le grandi case discografiche, messe alle strette, erano quindi di fronte ad una scelta: adattarsi e abbracciare la tecnologia digitale o fallire. Non ci volle molto perché le cose si mettessero in moto e la prima risposta di successo alla pirateria fu l’iTunes Store di Apple. Lanciato nel 2003 e arrivato in Italia un anno dopo, permetteva di scaricare brani in maniera del tutto legale. Gli album ancora oggi costano 9,99 € mentre i singoli brani 0,99.
Da lì in poi fu un continuo crescendo: le major avevano compreso sulla loro pelle quanto la rete e la tecnologia digitale fossero un canale di distribuzione più efficiente di qualunque altro avessero sperimentato in passato e decisero di puntare tutto su di loro. Ad esempio MTV, che fino a quel momento era stato il mezzo di diffusione per eccellenza per i video musicali, venne sostituito dall’emergente Youtube. Gli artisti, dal canto loro, si adattarono velocemente a questo nuovo ambiente.
La musica oggi
Come si è evoluta quindi oggi la musica? Come già detto prima è passata del tutto al digitale: gli store online si sono moltiplicati e sono nati molti servizi di streaming specifici come ad esempio Spotify. Gli smartphone hanno preso il posto dei lettori portatili e i CD, ormai quasi reliquie del passato, rimangono tutt’ora in vendita ma rappresentano solo circa il 20% del mercato: il grosso degli introiti deriva direttamente da concerti ed eventi live oppure dalla monetizzazione dei contenuti sulle varie piattaforme web.
Per venire incontro ai nuovi gusti del pubblico e alle modalità di fruizione digitale sono cambiati : gli album, che in passato erano al centro delle produzioni, ormai hanno lasciato il posto alle playlist personalizzate. Le stesse canzoni si sono evolute per abbracciare una nuova filosofia, dove gli utenti passano liberamente da un brano all’altro nel giro di pochi secondi: le intro si sono fatte più brevi, i computer hanno assunto un ruolo determinante nella creazione e le collaborazioni tra vari artisti, i cosiddetti featuring, sono una pratica ormai radicata… tanto che a volte capita che interpreti e autori non si incontrino mai fisicamente.
I social si sono rivelati lo strumento perfetto per tenere costantemente in contatto fan e artisti, i quali ora possono esprimersi “senza filtri” direttamente dai loro account e alimentare continuamente condividendo contenuti virali. Anche il settore radiofonico si è evoluto, con la creazione di numerose web radio e la realizzazione di canali televisivi a supporto delle stazioni più famose
In conclusione la musica si è profondamente digitalizzata: per superare la crisi di inizio millennio il media, più di ogni altro, ha dovuto evolversi velocemente e ha saputo sfruttare a suo vantaggio i nuovi strumenti per svilupparsi in una direzione in linea con il progresso tecnologico. Questa rivoluzione però non si è limitata solo all’aspetto industriale: nuove generazioni di artisti si sono affacciati sul mercato e innovativi generi musicali hanno cominciato a emergere proprio grazie alla tecnologia digitali.