Per avere successo sul mercato non basta mettere in vendita dei prodotti, ma occorre anche presentare correttamente la propria azienda ai consumatori e conquistare la loro fiducia: a questo serve la brand identity.
Che nel marketing il brand sia tutto non è un mistero. Il brand, in termini di comunicazione commerciale, è ciò che lega le persone al prodotto: l’alfa e l’omega di come un’impresa vuole essere percepita dal suo target di riferimento. Abbiamo già parlato di branding in passato, anche se in un contesto diverso, ma oggi è arrivato il momento di espandere il discorso. Oggi è il momento di affrontare uno degli argomenti più importanti in ambito marketing: la brand identity.
Brand identity: la definizione
Come sempre, per questo tipo di articolo, è bene partire definendo cos’è la brand identity. La brand identity è la somma di tutte le caratteristiche oggettive (come ad esempio il logo, il nome, il design e il packaging del prodotto) e intangibili (quali la cultura, il tone of voice, la storia e i valori del brand) che insieme vanno a creare l’immagine di come la marca viene percepita dalle persone. In sostanza, per dirla in parole povere, la brand identity è la personalità della marca.
Tutti noi approcciamo un brand come se fosse una persona reale: ad un nome associamo una faccia, il suo aspetto fisico e il suo carattere. Questo ci permette di “dare un volto” e riconoscere una marca rispetto ad un’altra. Se pensiamo ad esempio a Harley Davidson, ci vengono subito in mente le lunghe strade americane e la libertà che si prova guidando una moto in enormi spazi. Di sicuro, non ci viene in mente il campionato mondiale di velocità in pista…anche se, in effetti, all’inizio della sua storia le sue motociclette erano conosciute per essere le più veloci di tutte. Un altro esempio è Red Bull: ci balza subito in mente il suo carattere fuori dagli schemi, irriverente e “furbetto”.
Nel processo di creazione di un brand, e in particolare della sua brand identity, si deve sempre partire considerando tutte le informazioni emerse dall’analisi di brand strategy. Chi è il target e quali sono le buyers personas? In quali contesti si vuole inserire? Chi sono i competitor, come parlano e soprattutto cosa dicono? Quali sono i concetti focus sui quali già comunicano? Cosa rende il brand davvero differente rispetto a tutti gli altri (ovvero il positioning e la relativa Unique Selling Proposition)? Solo rispondendo a queste domande possiamo stabilire con una certa precisione su quali basi costruire la nuova identità della marca.
Distinguere la brand identity
Seppur utilizzati in ambiti simili, brand e visual identity hanno significati leggermente differenti. La brand identity è come l’azienda vuole che il brand sia percepito dal proprio consumatore. Come abbiamo visto, aiuta a definire la personalità del prodotto, del servizio o dell’azienda stessa. In altre parole, è la voce che l’azienda dà al suo prodotto o servizio.
La brand image, invece, è come il brand è visto e percepito dal consumatore. In altre parole, è quello che i consumatori “sentono” del brand. Attraverso la brand image potremo osservare come un target di consumatori percepisce la marca. Secondo il modello di Aaker infatti la brand image è formata dalla fedeltà dei clienti al brand, dalla notorietà della marca, dalla sua qualità percepita e da ciò che essa richiama alla mente del consumatore.
È quindi necessaria un’analisi del brand – così come viene percepito dal consumatore – in quanto tale percezione incide non solo sulla vendita ma anche sulla notorietà e sulla reputazione del brand stesso.
La brand image può essere analizzata tramite interviste, questionari online e altri feedback tra cui la soddisfazione del cliente. Estremamente importante è, poi, saper gestire efficacemente la relazione tra consumatore e brand sia offline che online, nelle community presenti sui social network.
Come si costruisce la brand identity?
La riconoscibilità del brand è un processo che avviene inconsciamente nella nostra mente. Appare naturale quindi che sia necessario costruire ad arte tutti quegli aspetti che stimolano direttamente i nostri sensi. In primis quello visivo, spesso considerato il più utilizzato ed importante. L’identità visiva (o visual identity) di un brand è l’insieme coordinato di simboli, codici e colori presenti in tutti i materiali con cui comunicare al consumatore. Come si costruisce? Ecco una lista di alcuni tra gli elementi principali che compongono la brand identity.
- Naming: sviluppo e creazione del nome di marca, dell’azienda, del prodotto o del servizio.
- Logo: ideazione e progettazione di un marchio o un logotipo, che eccelle in originalità e qualità del design grafico e tipografico.
- Colori: scelta di una palette di colori che sia in grado di suscitare emozioni.
- Tipografia: adozione di uno o più caratteri tipografici o ideazione e progettazione di un carattere tipografico ex-novo, completo di tutto l’alfabeto e utilizzato per comporre logotipi e/o testi della marca.
- Immagini: definizione del tipo di immagini e del loro trattamento grafico.
- Tone of voice visivo: il modo in cui le immagini, i testi, i colori, i trattamenti grafici compongono i materiali di comunicazione.
- Iconografia: progettazione di un sistema di icone personalizzato a partire dal logo e dai colori/caratteri tipografici.
- Below the line: materiali quali biglietti da visita, carta intestata, firma elettronica, buste, biglietti, block notes, calendari.
Tutti i materiali di comunicazione rientrano nella brand experience: dal sito web al packaging, dai rollup alle brochure, dalle campagne social fino ai video istituzionali. È in questa fase che il cliente viene in contatto per la prima volta con il brand. Ecco perché è fondamentale progettare e pianificare bene le prime due fasi di strategy e di identity. Partire da finali senza conoscere le basi su cui sviluppare il brand e la sua identità significa – nella migliore delle ipotesi – improvvisare. È come provare a scoccare una freccia verso un bersaglio posto a 20 metri con gli occhi bendati!
Viene quindi realizzato un Brand Identity Manual (o brand book, o bibbia, o styleguide: qui i nomi si sprecano) contenente le linee guida sulle quali costruire ogni futuro materiale visivo in modo efficace e coerente alla neonata immagine di brand. Il linguaggio visivo così creato deve essere il più completo possibile. È per questo che il brand identity manual non è mai un prodotto “chiuso” ma in continua evoluzione.
L’applicazione delle regole così definite a tutti i materiali di comunicazione va sviluppata sempre in modo coerente, coordinato e continuato nel tempo. Questo è il punto chiave di tutto il processo: comunicare in modo coerente e costante nel tempo permette al consumatore di conoscere e riconoscere il brand con sicurezza, aumentandone la sua fiducia e credibilità.
Brand identity: esempi di successo
Una brand identity costruita ad arte può portare enormi benefici ad una marchio. Per rendere questo concetto più chiaro riportiamo qui sotto degli esempi di brand identity di successo:
Apple: una campagna esemplare
Negli anni 2000, l’azienda della mela ha creato una efficace campagna di comunicazione di prodotto (Get a Mac) per dare un volto e un insieme di caratteristiche della sua personalità nelle quali far rispecchiare tutti i suoi clienti. La campagna non ha nulla di tecnologico e avveniristico, ma è ambientata in studio (fondale bianco) e focalizzata unicamente sul “botta e risposta” tra due attori in carne ed ossa.
Il primo, un giovane informale, “cool”, tranquillo, in forma, con ogni soluzione a qualsiasi problema – tecnologico naturalmente – (Mac). L’altro, di qualche anno più grande, un po’ in sovrappeso, stempiato, occhiali, sempre in difficoltà quando appare una nuova richiesta (Pc). L’azienda è così riuscita a creare nella mente dei suoi consumatori un’immagine molto precisa dei suoi prodotti: eleganti, raffinati, innovativi, utili. Dei veri e propri status symbol.
Una campagna geniale, che ha aiutato Apple a parlare direttamente alla parte emozionale dei propri clienti per aiutarli a sentirsi parte della “tribù”. Il che significa che da clienti sono diventati ambasciatori della marca, sposandone la filosofia e condividendone i valori (i cosiddetti brand values). Sappiamo bene dove si trovi oggi il brand Apple in termini di capitalizzazione e valore di mercato. Questo anche grazie alla costruzione di una brand identity differenziante e condivisibile, oltre ad una brand immagine quasi perfettamente allineata con l’identità di marca.
Coca-Cola: un brand fondato sull’unicità
Anche Coca-Cola ha una brand identity molto forte, composta essenzialmente da due elementi.
Il primo è sicuramente il logo, composto dalla scritta bianca “Coca-Cola” posta su uno sfondo di colore rosso. Al di sotto del logotipo vi è poi il famoso “Dynamic Ribbon” (nastro bianco), fondamentale per rendere unico il brand rispetto ai competitors. Il colore rosso suscita fiducia nella persona che beve una Coca-Cola, mentre il carattere del font – lo Spencerian Script – rimanda all’idea del divertimento, della giocosità. A differenza del caffè che si beve prima del lavoro al mattino, Coca-Cola è una bevanda che si beve nel tempo libero o nel pomeriggio.
Il secondo elemento che rende la brand identity dell’azienda molto forte è la sua bottiglia di vetro, dalla forma unica (nessun’altra bevanda ha una bottiglia come la sua). Il fatto che Coca-Cola abbia deciso di sviluppare una forma totalmente originale per la sua bottiglietta ha permesso ai consumatori di sviluppare credibilità e fiducia nei confronti dell’azienda. La brand identity di Coca-Cola si è poi ulteriormente rafforzata negli anni. Basti pensare agli anni 2000, in cui il famosissimo orso polare accompagnato dal payoff “Share a Coca-Cola” è entrato nell’immaginario collettivo e viene ricordato tuttora dai consumatori. Questa campagna si è rivelata efficace perché rappresentava tutti i valori di Coca-Cola: la famiglia, la semplicità e il divertimento
Nike: logo, payoff e storytelling
Sono passati più di quarant’anni da quando le prime scarpe marchiate con il famosissimo swoosh sono entrate sul mercato, ma il successo di Nike non intende fermarsi.
Il logo del brand, realizzato nel 1971 da Carolyn Davidson, è un elemento fondamentale della sua brand identity. Si tratta di un logo astratto che però racchiude concetti come movimento, velocità, dinamicità. Valori coerenti con il settore di riferimento. Al giorno d’oggi, lo swoosh ha avuto un successo tale da essere utilizzato “in solitario”, senza essere accompagnato dal nome del brand. Questo perché ormai i prodotti di Nike e il loro stile sono immediatamente riconoscibili a livello mondiale.
Il successo dell’azienda però non è solo merito del marchio. Basti pensare, infatti, agli importanti investimenti in comunicazione che hanno reso l’azienda nota a livello mondiale. Nike comunica con un linguaggio diverso rispetto ai competitor, perché non si focalizza sui suoi prodotti ma sullo stile di vita e sullo sport, inteso non più solo in senso agonistico. Questo concetto è evidenziato ulteriormente dal payoff del brand: “Just do it”, ovvero “fallo e basta”. Con queste parole Nike vuole rendere i suoi prodotti i veri alleati del consumatore per affrontare le sfide sportive della quotidianità.
La comunicazione di Nike non ha quindi come scopo la sola vendita dei prodotti: ogni singolo messaggio cerca di trasferire valore al consumatore. In altre parole, l’azienda sfrutta il brand storytelling per motivare le persone e spronarle a praticare al meglio lo sport che amano, qualsiasi esso sia.
Perché è importante creare una forte brand identity
Questi esempi dimostrano perché per ogni brand è indispensabile andare oltre alla mera comunicazione dei propri servizi o prodotti e porsi come obiettivo quello di creare una propria identità forte e differenziante. Un brand che comunica chi è, che crea un’immagine chiara e unica permette al cliente di visualizzarlo, individuarlo e riconoscerlo in ogni circostanza, garantendone il successo nel tempo.
Per capirci, se ben costruita, l’identità di un brand può diventare così forte e distintiva da arrivare addirittura ad appropriarsi del nome della categoria del prodotto: basta pensare ad esempio al fatto che chiamiamo “Scotch” il nastro adesivo quando in realtà è il nome del brand, oppure “Scottex” la carta assorbente per la cucina. O ancora, “Jeep” per il fuoristrada, “Kleenex” per un fazzoletto di carta, “Barbie” per una bambola, “Borotalco” per la polvere a base di talco e così via: si assiste in questo caso ad una vera e propria volgarizzazione (nel senso latino del termine) del brand, che diventa termine di uso comune.
E voi? Cosa ne pensate? Quanto è importante per un un brand avere una forte brand identity?